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La testimonianza di Andrea
Colle don Bosco - 22 settembre 2002


C’era un uomo, Martin Luther King, che negli anni sessanta pronunciò un famoso discorso che iniziava così: "Ho avuto un sogno". Quello di poter vivere un giorno in un mondo senza schiavitù.

Forse si può dire che anche Mons. Luigi Novarese, nostro Padre Fondatore, ha avuto un sogno, uno di quei sogni che possono venire alla mente durante i lunghi e dolorosi giorni che ha passato in ospedali e sanatori. Il sogno, ad esempio, che si realizzi l’unione mondiale degli ammalati che, insieme, offrono le loro sofferenze quotidiane piccole o grandi a Gesù, per mezzo di Maria, per la salvezza di tutti.

Poi si possono immaginare le voci che hanno accompagnato Monsignore quando ha deciso di puntare tutta la sua vita nella realizzazione delle richieste dell’Immacolata: "l’unione mondiale dei malati? Un sogno irrealizzabile! E poi per cosa? Gli ammalati stanno bene dove sono! Perché volere che facciano gli esercizi spirituali? Del resto, è un sogno anche l’idea di realizzare una casa appositamente costruita per gli esercizi dei malati... per non parlare della cifra accumulata per iniziare un’opera così impegnativa... appena 9.200 lire (degli anni cinquanta). Un sogno irrealizzabile".

Monsignore ha dedicato la sua vita alla valorizzazione della persona sofferente, e anche la persona sofferente ha un sogno, quello di poter vivere una vita piena e realizzata.

Ma che cosa deve avere un sofferente per vivere una vita intensa e realizzata? Denaro? Credo che nessuno abbia mai comprato la felicità. Bellezza? Ammesso che ci sia, svanisce presto! Salute? Un ammalato difficilmente può contare su una salute di ferro! E allora? Ci vuole qualcosa che non passi mai, sul quale fondare la propria vita! Personalmente credo che la vita sia pienamente realizzata quando si è in grado di dare e ricevere amore. Ma spesso viene la domanda: io, con la mia malattia, il mio handicap, la mia sofferenza... ho la possibilità di dare e ricevere amore?

Il dolore, la disabilità, la malattia impedisce di dare o ricevere una carezza? Un gesto di affetto? Impedisce di dire a qualcuno "ti voglio bene"? Impedisce di essere amati da Dio?

La sofferenza ha impedito a Gesù di amare in modo totalmente realizzato? Gesù ha scelto proprio la Croce, strumento di morte ed umiliazione, per rivelare il suo amore immenso per l’umanità! L’ha così trasformato in uno strumento di salvezza invitandoci a fare lo stesso e a guardare sempre a Maria, che è sempre ai piedi della Croce... ai piedi anche delle nostre croci quotidiane!

Vista in questa luce, la vita non sarà priva di sofferenza, dolore, pianto, ma non sarà più schiacciata, non più emarginata, non si vedrà più soltanto buio, ma in mezzo a tanta sofferenza si vedrà sempre uno spiraglio di luce e di speranza. Non si è più spettatori di una vita vissuta da altri, ma si è profondamente immersi nell’amore che Cristo rappresenta e che, soffrendo e morendo in Croce, ha voluto per noi, con noi e in noi, nessuno escluso, quando ci ha detto che per seguirlo occorre prendere la propria croce, in modo attivo, e seguirlo!

Ed è così che i cosiddetti SOGNI di prima diventano possibili! Diventa possibile l’unione mondiale dei malati, diventa possibile costruire una casa per esercizi Spirituali partendo da 9.200 lire (e la casa di Re ne è la Prova) e il sogno di vivere una vita piena e realizzata diventa una stupenda realtà da condividere con le persone che incontriamo sul cammino, perché si apre lo sguardo su orizzonti non più solo umani ma si segue colui che è amore.

Queste sono le cose in cui credo fermamente e che mi hanno profondamente colpito quando ho conosciuto il Centro Volontari della Sofferenza. Il fatto che Mons. Novarese ci abbia additato come esempio il Cristo, che ha restituito un nuovo volto alla vita di ogni sofferente nel corpo e nello spirito. Una vita che non cancella sofferenze e solitudini, che sono sempre terribili da affrontare, ma che le priva della disperazione sterile e le riveste di uno scopo e di un senso.

E allora grazie a tutti gli ammalati che tutti i giorni mi insegnano ad offrire le mie piccole sofferenze.

Grazie a fratelli degli ammalati per essere sempre così vicini e discreti, lasciando da parte a volte le loro sofferenze interiori.

Grazie Monsignore e Sorella Miriam, per aver risposto con umiltà e determinazione agli inviti dell’Immacolata a Lourdes e Fatima e averci indicato la via da seguire.

Come dice Don Giosy Cento in una sua canzone: "ora in te si rasserena in cuore, non se ne va il dolore, ma non sono più solo, tu mi dai una forza sorprendente, mi rendi sorridente per gridare insieme a te".

P9220037.jpg (81372 byte) Andrea mentre legge la sua testimonianza
 

 

Ultimo aggiornamento: 01-10-02

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