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del Beato Luigi Novarese

Il perché della Mostra Itinerante sul Beato Luigi Novarese

 

Luigi Novarese nasce a Casale Monferrato il 28-agosto-1914. La sua famiglia vive in una cascina, coltivando appezzamenti di terra. A 8 mesi rimane orfano di padre. La madre Teresa, che ha 38 anni, porta avanti la famiglia lavorando ed insegnando ai figli a pregare e ad amare la Madonna.

Luigi Novarese dai 9 ai 17 anni sperimenta su sé stesso una grave malattia “Coxite Tubercolare ossea destra”, incurabile per quegli anni, e vive, su sé stesso, lo stato di abbandono a cui i malati venivano lasciati nel decorso delle malattie. I medici pensavano a curare il corpo ma non considerano che l’ammalato è una persona che non ha bisogno solo di cure mediche ma ha dei sentimenti che sono parte integrante del suo essere.

 Guarito miracolosamente grazie alle preghiere a Maria Ausiliatrice, per intercessione di Don Bosco, recitate anche dai ragazzi del collegio di Valdocco guidati dal Rettor Maggiore don Rinaldi, sceglie di diventare sacerdote per essere “Medico delle anime”. Orienterà tutta la sua vita sacerdotale e la sua attività presso la Segreteria della Curia Vaticana con un occhio di riguardo per gli ammalati, pienamente convinto che la persona ammalata ha bisogno di dare un senso all’esperienza dolorosa della sua esistenza.

Tempo addietro, Luigi, come Don Bosco, fa un sogno: “Una notte sognò la Madonna Ausiliatrice che si trova nella chiesa dei Salesiani di Casale. Nel sogno lui metteva fiori in un vaso da deporre ai piedi della Vergine, quando questa si illuminò e gli sorrise. Luigi con tutto il suo ardore le disse: dimmi, Mamma Santa, guarirò? Si, rispose la Madonna. Quando? chiese lui. A metà del mese a me dedicato, rispose Lei. Diventerò sacerdote? domandò ancora. La Madonna annuì. Poi Luigi aggiunse: verrò in Paradiso? La Madonna sorrise di nuovo e Luigi si svegliò. Il 18 maggio 1931 Luigi viene dimesso dall’Ospedale Elioterapico “Santa Corona” di Pietra Ligure; sulla cartella si legge: il ragazzo è guarito e può tornare a casa.

L’esperienza della guarigione gli ha insegnato che corpo e spirito sono due dimensioni inseparabili dell’umano, dalla cui armonica integrazione dipendono la salute e l’equilibrio della persona. È nel pensare a queste domande che Luigi trova la risposta al suo futuro: farà il medico dello spirito. Diventerà sacerdote e annuncerà il Vangelo insegnando agli ammalati a pensare a sé stessi in una visione dell’uomo che li faccia sentire amati e meno soli. Una visione ispirata alla fede cristiana che non si sostituisce alla scienza medica, ma la completa rendendola più umana.

La sua attività pastorale si rivolge soprattutto agli ammalati che vivono nelle proprie case, ai quali ritiene indispensabile dare una motivazione che li guidi a vivere la loro situazione come soggetti di azione e non come oggetti di compassione.

Don Luigi ha sperimentato quanto sia grave la situazione delle persone sole, ammalate, abbandonate a sé stesse. Le persone che ha maggiormente incontrato nei suoi viaggi, su invito della Segreteria di Stato Vaticana, sono i sacerdoti delle Parrocchie. Preti malati, soli, nelle canoniche semidistrutte, sacerdoti abbandonati dai fedeli in fuga a causa della Seconda guerra mondiale.

Don Luigi si rivolge alla Madonna, le chiede di proteggere i sacerdoti e il 17 maggio 1943 dà vita ad una associazione dedicata ai sacerdoti: la Lega Sacerdotale Mariana”.

Tra gli anni 1943 e 1946 don Luigi approfondisce e chiarisce a sé stesso i temi più delicati e discussi dell’insegnamento cristiano: “il senso e il valore della sofferenza, il mistero del dolore alla luce della Croce di Cristo”. Di una cosa è certo don Luigi: Annunciare l’amore del Signore all’ammalato, significa rompere le barriere della solitudine psicologica e risvegliare in lui una consapevolezza che diventa forza per annunciare questa gioia ad altri ammalati.

Don Luigi inizia il suo viaggio senza bisaccia e denaro, solo con la fede in Gesù e sua Madre Maria. Come Don Bosco, anche don Luigi si affida totalmente a Maria.

Il 29 giugno 1943 il Papa Pio XII pubblica l’enciclica “Mystici Corporis Christi”, “Corpo mistico di Cristo”, enciclica dedicata alla Chiesa. Questa enciclica evidenzia che tutti gli uomini battezzati sono parte viva del Corpo Mistico con Cristo. Da questo don Luigi deduce: “se gli ammalati fanno parte del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, anche il loro dolore e la loro sofferenza entrano in comunione con il Signore”. È la Croce la forza degli ammalati. “Con l’offerta fatta sulla Croce l’ammalato inizia un nuovo cammino spirituale, è un operaio attivo nella vigna del Signore”.

Il 17 maggio 1947 don Luigi fonda il Centro Volontari della Sofferenza. L’ammalato diventa soggetto di azione: “L’apostolato è dei malati, svolto con la collaborazione dei fratelli e sorelle degli ammalati che ne condividono la spiritualità, ma non è l’apostolato dei sani svolto a favore degli ammalati. La voce dei sofferenti è basilare, indicativa, insostituibile”. Nel rivolgersi all’ammalato come soggetto di azione, don Luigi offre, all’ammalato, due forti motivazioni: “il messaggio cristiano e l’ammalato come apostolo”, per testimoniare agli altri ammalati la gioia di aver trovato nel Signore il senso della sua vita. Non è un cammino facile. Richiede un tempo di maturazione con preghiere, sacrifici e soprattutto una maturazione profonda nell’amore a Gesù e Maria.

Nel 1950 don Luigi inizia a preoccuparsi di dare stabilità e continuità all’opera. Il 1° novembre 1950, giorno della proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria in anima e corpo, nascono i Silenziosi Operai della Croce, una famiglia di anime Consacrate: sacerdoti, fratelli e sorelle, sani e ammalati, disposti, con la pratica dei Consigli Evangelici (castità, povertà e obbedienza), a dedicarsi totalmente all’Immacolata per l’attuazione delle richieste rivolte durante le apparizioni della Madonna a Lourdes e a Fatima.

Don Luigi, nel cercare di dare completamento all’azione degli ammalati, ritiene necessaria la collaborazione di persone sane. Per questo nel 1952, durante un pellegrinaggio a Lourdes, davanti alla grotta della Madonna, istituisce i Fratelli e Sorelle degli ammalati. Essi, ricercati in prevalenza dagli ammalati, sono persone sane che affiancano i fratelli ammalati offrendo, con l’ammalato, il proprio quotidiano con la forza dell’amore che scaturisce dalla Croce.

Durante la sua attività alla Segreteria di Stato Vaticana ha avuto l’incarico di organizzare l’assistenza religiosa per gli ammalati negli ospedali e case di cura. Oggi possiamo riconoscergli la costituzione della figura del “Cappellano” negli ambienti di cura e assistenza agli ammalati. Alla fine degli anni Sessanta la figura del Cappellano è riconosciuta ed assunta nelle strutture ospedaliere, figura che, oggi, la laicità delle dirigenze ospedaliere cerca di mettere in ombra.

L’11 febbraio 1984, san Giovanni Paolo II firma la Lettera Apostolica Salvifici doloris, sul senso cristiano della sofferenza. Con essa sancisce, per tutta la Chiesa, il valore salvifico della sofferenza offerta nel piano redentivo della Croce di Cristo, per fare, del proprio sacrificio, un solo sacrificio con Cristo per la salvezza dell’umanità.

È l’ufficializzazione nella Chiesa del “carisma” che il beato Luigi Novarese ha sviluppato con gli ammalati tramite il CVS.

Il beato Luigi Novarese leggendo la pubblicazione della lettera ne ha gioito, vedendo in essa la piena accettazione del suo carisma da parte della Chiesa.

A 40 anni di distanza dalla “Salvifici doloris” che ha definito la sofferenza una “vocazione”, riteniamo sia apostolicamente corretto rinnovare nelle parrocchie, con il passaggio della Mostra Itinerante del beato Luigi Novarese, i messaggi sia della “Salvifici doloris” sia del “carisma del Beato Novarese”, affinché possano essere recepiti da tutti gli uomini e diventare fonte di consolazione per i malati e salvezza, attraverso l’offerta del proprio quotidiano e del proprio dolore nel Corpo Mistico di Cristo, per il mondo intero.

 


 Ultimo aggiornamento: 02-10-24